25 novembre 2006

Nuova grafica

vi piace?

24 novembre 2006


C A M B I O

Il Masi ha dato un suggerimento intelligente, per cui ora la Cover è questa quissù.
Chi ha detto che non ho le idee chiare e che non sono un uomo dalle decisioni fulminee (Phulmineous Man)?

23 novembre 2006


CHE VESTITO MI METTO?
Apro il concorso per Titolo e Copertina. Votate la versione che preferite fra le due che ho creato. Fra quindici giorni la versione vincitrice diventerà anche la Versione Ufficiale, quella che vedrete nelle librerie quando voleranno vitelli con la erre.
Qui in alto la mia seconda copertina, con un altro titolo: che ne dite?

22 novembre 2006

Per chi ha dubbi sulla mia riconoscenza





Ai β Cats, che fornirono, integrarono, corressero e stangarono:

Alien P., Marzio Santi,
Vincenzo Sparagna, Massimo Giacon, Daniele Barbieri,

Francesca Pilla, Francesca Ghermandi, Francesca Bazzurro,
Giuseppe Palumbo, Vittorio Bongiorno, Piero Cantarella,
Maurizio Corrado, Mauro Masi, Dario Morelli,
Alberto Rapisarda, Sergio Ponchione, Davide Toffolo,
Roberto Lanfaloni, Stefano Peppoloni,
Clelia Pargentino.
E Vittoria Ghigi

altra anteprima - pagg. 120-123


SOMMARIO

Eviterò qualsiasi tentazione di impartire mini corsi di disegno applicato ai fumetti. Non sarà questa la tecnica che c’interessa. Prima di tutto non saprei nemmeno da che parte iniziare. Dai punti? Dalle aste? Inoltre, sono talmente tanti i mostri, da Burne Hogarth a Will Eisner, che hanno provato a spiegarci come noi dobbiamo disegnare le loro Mani, i loro Torsi, le loro Luci, che non mi ci proverò proprio. Considero anzi come assodato che sappiate meglio di me quel che intendo quando dico mano, testa, calcagno, gonna svolazzante, donna nuda al telefono mentre galoppa su un unicorno fra le nubi, astronavi in fiamme, stupore, rabbia. Tanto, chi non sa disegnare non sa pensare per immagini, e perciò non può raccontare un bel niente a nessuno.

TECNICA

Tavoli, occhi, schiena.

– Dieta, e altro.

– Carta amica e nemica.

– Squadratura del foglio e del cervello.

SCENEGGIATURA

Esattamente come nel cinema, l’anima del fumetto è la Sceneggiatura. Un disegno bello, evocativo, affatturante, quando c’è, è pur sempre guarnizione. É la Mano, ne è il prodotto. Ma la Sceneggiatura è il Cervello, signori, e senza Cervello la Mano da sola può solo masturbarla, la carta. Un fumetto mentecatto, scritto male ma Disegnato Bene, vale molto meno di un fumetto scritto bene e disegnato male. Un fumetto scritto bene non lo mettete via finché non l’avete finito. Un fumetto cretino non vi ha dato nulla, e lo dimenticate immediatamente. I fumetti italiani si dimenticano.


DODECALOGO DELLA SCENEGGIATURA

Decaloghi e dodecaloghi in genere non vanno spiegati, poiché parlano da soli, specie quando la loro vociona rotola giù da una Montagna o proviene da un roveto ardente. Vi userete anzi il santo favore di considerarmi una specie di paterno Vulcano in Fiamme. In quanto tale nemmeno Io farò eccezione, e tacerò solenne sui singoli punti: basterà che li si legga, qui giù, e appariranno d’un subito nel loro abbacinante vero.

Ad ogni modo mi riservo il diritto di ritornare su alcuni specifici argomenti, se mi andrà. Voi intanto fateli vostri sin da ora, tatuateveli nell’interno coscia o nel padiglione delle orecchie, o nel palato. Male non fa, se il tatuatore è bravo e si lava.

Vietati i caubois italiani, tutto il resto vien da sé.

Che cosa dire, a chi e perché.

Come dirglielo.

Vietato sbrodolare, ma a volte si può.

Vietato annoiare.

Vietato fare i furbi.

Vietato ridire, sforzarsi un altro po’.

L’Editore come Primo Lettore Pagante.

Solo pugni? Solo tette?

Solo aerografo? Solo computer?

Margherite e letame: come imparare dagli errori e dagli orrori degli altri.

Il Buon Gusto, che cos’è?

Alcuni dei suesposti punti programmatici, specie quelli con la parola Vietato, andrebbero inclusi in un ideale Catalogo delle qualità da possedere se si vuole parlare dalla Montagna.

Ma ora basta.

Potete essere Amici di Me !

Venerdì mattina, al canto del Gallo Cedrone,
nel Salone delle Udienze Con Rosa dei Venti sul Soffitto presenterò un mio nuovo opuscolo, dal titolo

Possiamo essere amici dell’Unto FS ?

nel quale metto in conveniente risalto l’importanza di
coltivare una calorosa ed amorevole relazione con Me,
identica a quella che un Bimbo Obbediente e Zitto deve avere per forza col Padre Suo Soccorrevole e Saponettico,
sia immediatamente lode a

Egli
.

In molte parti del mondo c’è grandissimo bisogno di
istruzione scozzarica semplificata, e quest’opuscolo soddisferà tale esigenza. Si rivelerà una proficua benedizione per chi ha un’istruzione limitata, o non sa leggere bene.
I Digiuni ne saranno elettrizzati, e potranno riconoscere,
dopo qualche ora di facile studio, i falsi profeti.
I Ferrati ne saranno uptodateds, ed arriveranno alla

medesima rivelazione in circa tre unti minuti.


21 novembre 2006

Letterina ad uno dentro una Grossa Casa Editrice Milanese di Importanza Media.
Buonasera a te, caro Gino.
Ti ricordi di me? Come stai? Bene? Bene. Mi rifaccio vivo dopo tanti mesi dal nostro ultimo contatto per comunicarti che, se la cosa ti interessa, il Manuale dell’Arte Bimba ha ora raggiunto la sua forma definitiva ed è stralibero di andarsene con chi gli pare. Da quando lo leggesti tu ha acquisito ulteriori muscoli, e la pelliccia gli si è infoltita. Ringhia, ed esige che gli si dia del Lei, il che, detto di un libro, appare insolito perfino a me, che l’ho covato e covato e covato.
Veniamo a noi due. Sono appena reduce da una kermesse milanese di tre giorni tenutasi per celebrare il Vino a Prezzo Sorgente e per cantare i Libri Liberi e Indipendenti, credo sorgenti pure loro, kermesse svoltasi con gran concorso di popolo al Leoncavallo. Sotto quegli androni così allegri e bene affrescati mi sono esibito in un reading di alcune pagine tratte dal libro che tanto apprezzasti, ma che non pubblicasti. Non ti ho visto, scommetto che eri impegnato altrove, ma nell’occasione ho avuto modo di incontrare altri elementi dell'editoria italiana, piccola e “grande”.
Considero storpiante il fatto che chiunque a quel livello, e sotto quelle volte, bicchiere di Primitivo in mano, si sia ritenuto in grado di farmi la lezioncina, anche se NESSUNO aveva letto il mio Manuale, perciò confesso che da 24 ore ti sto pensando molto intensamente. Sei sempre stato l’uomo mio.
Pur avendo mantenuto in grandissima parte i caratteri di anormalità e inclassificabilità che t’avevano sfavorevolmente gelato in prima lettura, e che te l’avevano fatto giudicare improponibile ai tuoi capi collana, brutto cazzone supponente e venduto, il Manuale dell'Arte Bimba è un libro molto nuovo e molto bello, sia perchè l'ho scritto io, sia perchè É bello e nuovo, e quando ti sottometterai alla doccia rigenerante della sua riscoperta sarai il primo ad ammettere che se viene al mondo lì in casa tua, magari perché hai fatto da levatrice, ci guadagneremo tutti. Io, tu, la tua ditta di merda.
I miei figli non mi regaleranno mai un’Audi TTTT all’Hidrogeno Disingorgante Petto e Pianeta, perciò attraverso te sto cercando di guadagnarmela da solo, senza aiuti. Se mi seguirai obbediente, a me un’Audi, a te la Fabbrica delle Audi, se vorrai, ça va sans dire. Il Pianeta piangerà di gratitudine, e penso anche tu, visto che ti troverai enormemente arricchito. Dentro, almeno.

Non dirmi che sto nutrendo patetiche illusioni, perché non le sto nutrendo. So bene che in un’era editorialmercantile come l'attuale, nella quale vige esclusivamente il codice a barre, una merce non immediatamente marchiabile, riconoscibile e scaffalabile è radiata dal Negozio, anzi non può proprio entrarvi. Grande sarebbe lo scandalo sotto il cielo, e la confusione nelle testine dei commessi ignorantissimi. Ma so ancor meglio che un codice in grado di classificare, di - arrg - normare le mie 360 pagine non è stato ancora compilato; i tuoi vecchi dubbi mi paiono senza fondamenti, anche in considerazione del fatto che esiste sempre, per chi tra voi si fa incantare da queste cose, la furba bacchetta magica della categoria "Varia".
Ignoro come in merito siate messi lì alla REM, Ruzzoli Editore Milanese, ma come dicono nel Corvo, "non può piovere per sempre". Abbasso Hollywood, però, e stiamo coi classici: non può sempre vincere Mammona, giusto? Sei un corvo, tu? Sei Mammona, tu? Non hai mai vinto, perché pensi di cominciare ora, e senza il mio aiuto?
D'altra parte ti chiami Drizzi Gino. Tu sei Drizzi Gino. In altri ambiti non sarebbe un granchè, ma nella presente comune faccenda una targa così così va usata al meglio, e io ti sto fornendo un signor movente. Non so perché mi va di farti un favore simile, milanese puzzone, ma dimmi grazie, vienimi incontro e vedrai come drizzeremo il mondo, che ha fatto di tutto per meritarselo. Vedrai con quali strepiti, con quali scintille. Secondo me, piangerai ancora un altro po’.
P.S.: Non scappare, so dove lavori.

Tuo, per un po’ ancora, finchè non mi costringerai a far da solo,
Filippo Scòzzari
(con l’accento sulla o).

17 novembre 2006

READING DI FILIPPO SCOZZARI AL LEONCAVALLO


IL PROSSIMO SABATO, 18 NOVEMBRE, ALLE ORE 20, TERRO' UN READING DI PASSI SCELTI DAL "MANUALE DELL'ARTE BIMBA".
Chi vorrà venire al Leoncavallo per vedere la mia panza, studiarsi come ti riduce una vita passata al tavolo da disegno, ascoltare la mia errhe da busoni francesi, ridere come uno scemo, incazzarsi da bestie e farsi di vino buono, potrà venire senz'altro. Chi si annoia colpa sua.
Saremo coorte, gliela faremo vedere noi!
Che cosa e a chi non lo so. Cazzo ne so. Non cominciate, ok?

Bravo signor Coorte, così si fa. Verrò ad ascoltarLa molto attentamente
PS:
Perchè mai ha scelto il tardo novembre per uscire allo scoperto? Non ci sono più pomodori, in questa stagione. E' un suo modo obliquo per dire che preferisce le uova?

LINKS:
Discussione sul Reading al Leoncavallo (partecipate!)
Programma di "Critical Book & Wine"
(17-18-19/11/2006 al Leoncavallo)
News "Incontro con Scozzari al Leoncavallo" (da afNews di Gianfranco Goria)


14 novembre 2006

seconda parte di varie anteprime: pag 114-119

Silenzio, in Sala

(Tanto per cominciare, sappiamo quel che diciamo?)

Davanti a me sono comparsi decine e decine e decine e decine di aspiranti fumettari. Centinaia di inutili poveri ragazzi, ma anche svariati inutilissimi, imbarazzanti poveri vecchi, sui quali U ha dimenticato di operare, o non ha voluto, o ha rinunciato. Non hanno sofferto, non sono stati instradati, non hanno conosciuto il riverbero del supplizio, il febbrone della passione. Non hanno bevuto l’aranciata amara della propria Missione raffreddata dalle nevi dell’incomprensione e dell’ignoranza. Gregari del sozzo Akim Gigante, e basta: nessun Mario in memoria, zero Santi sul groppone. Zero pezzuole in fronte. Zero, il numero della bestia. Mille miliardi, il numero delle bestie che stanno a zero.

Se levo le braccia al soffitto, e sbraito Spaghetti nei Carrars Armats! Sapone Sotto Casermone!, mi guardano impietositi. Se rilevo le braccia al soffitto, e risbraito Spaghetti nei Carrars Armats! Sapone Sotto Casermone!, mi riguardano impietositi e preoccupati. Se m’inginocchio, e li esorto ad adorare con me la Grande V rossa, e a intonare inni, scoppiano a ridere.

Se mi metto a urlare Viserba, Gallerie, Mille Mosche Blu, V Rossa,V rossa, V rossa, e a sniffare in giro col naso, scappano.

Carne improduttiva, che non migliorerà mai il mondo. Che scappa.

Il duro lavoro degli stupidi li rende stanchi, e non hanno la forza di seguirmi.

U, perché non hai allontanato da me questi calici?

U, solo con me?

Appena li capto, gli aspiranti, e ne riconosco l’odore che ancora non hanno appoggiato il dito al campanello, mi costringo ad assumere potenti pastiglie: la voglia di schiacciare e frantumare mi bolle nel cranio. Dovrei essere internato e incamiciato solo perché le penso, queste cose.

Iniziano a salire le scale, con le telecamere nascoste vedo che osano scherzare e ridere con le fidanzate che si sono portati dietro, sento ai microfoni che dicono scozz non ammetterà mai che sono migliore di lui, e lei fa ih ih ih, e so allora che quella mattina, pomeriggio, sera, dovrò uccidere ancora, sverminare, sterminare, svellere illusioni. La gramigna mi fa quest’effetto: visito un brocco senza U, e subito penso Tetradifon! Naptalam! FALCE!

Quando se ne vanno piangono distrutti, e li compatisco, ma l’Opera mia si è adempiuta. Mondai il mondo dagli immondi.

La fidanzata almeno potrebbero lasciarmela, per ricompensarmi del favore che gli ho fatto gratis. Gli salvo la vita, salvo il Fumetto, e quelli mi odiano.

Esempio tipico di reazione alle mie bastonate:

Mi rincresce, caro sign.Veneziano, ma non ci siamo. Orrore puro, e del tipo maligno, che non lascia speranze: lei non migliorerà mai. Provi altre forme di show, di comunicazione, di quel che vorrà, insomma, ma il fumetto non è cosa sua. Suggerisco di seppellire per sempre la matita, e adottare, che ne so, la chitarra, con la quale potrà preparare agli amici ottime paste fatte in casa. Magari vorrà poi invitarmi a casa sua, e io certo verrò. Le dico subito che zite e maccaroni mi piacciono al dente, con molto basilico e sugo rosso, detto la pummarola. Per l’altra faccenda, ignoro quali motivi l’abbiano indotta ad avvicinarsi a me, ma la prego di rendersi conto che ciò ha reso spiacevolissima la mia giornata, più di quanto non creda. FS.

_______________

La ringrazio della gentile risposta,é stato molto costruttivo far visionare una tavola da lei.Per la mia tavola dovevo chiedere consiglio a un mulo,tanto era la stessa risposta. Infinitamente grazie ora butterò i numeri di Frigidaire disegnati da lei(e altri volumi),oggi ho avuto la conferma che non bisogna avere miti.Con le mie più sentite maledizioni la saluto.Cosimo Veneziano

È esattamente in memoria di questi incontri e di queste reazioni scomposte che uso l’orrenda parola fumettaro: un epiteto perfetto, che galleggia tra il dispregiativo ed il romanesco.

Definisco fumettaro.

Il senza U. Disperatu il mai nato, il sempre morto. L’irredimibile brocco senz’anima che ci prova, che osa mettersi davanti ad un foglio di carta, lo scarabocchia con tante vignette più o meno in sequenza, orrori su orrori zeppi di nulla, e alla fine, dopo aver apposto orgoglioso la parola FINE, calca il mondo e le redazioni reputandosi meritevole di tutto: eccovelo, questo è un fumettaro. IL fumettaro. A stento mi trattengo dall’er fumettaro.

Definisco Autore.

Chi non si fa emozionare dalla prima idea che gli è balzata in testa, chi se la lavora, chi ci soffre sopra pur sapendo benissimo di essere dotato in misura sovrannaturale di mano stregata, intelligenza e ferocia, voglia di andare oltre le regole vigenti – o meglio, di imporre le proprie agli altri – chi dopo averla pensata se la disegna pure, chi insomma regala, semina, insegna, si fa ricordare, invidiare e copiare, quello è l’Autore di Fumetti. Il frutto Untissimo di U.

Non esistono varianti.

In realtà esisterebbe l’ancor più orrendo fumettista, epiteto adoperato comunemente dai giornalisti un-tanto-al-chilo e dai parvenus del web. Basti questo ad espungerlo in automatico dal novero dei vocaboli consentiti ai cocktails, o ai simposi, o nelle tesi, o mentre mi si intervista: è una parolaccia, ne ha la flatulenza. E come le parolacce, si sta affermando persino tra gli addetti ai lavori, ma andrebbe usata solo per quei poveri schiavi, amorevolmente detti negri, che nelle grandi case editrici di fumetto a consumo appongono balloons e testi negli spazi lasciati liberi per questo dal signor Disegnatore. Schiavi, subumani che se la sono cercata. La prossima volta imparano.

E siccome sono schiavi, a noi i fumettisti non interessano.

A noi i fumettari non interessano.

I disegnatori c’interessano ancor meno.

A noi interessano gli Autori di Fumetto.

Tanto per mettere i puntini sulle U, rivelerò una banalità: non esiste libro al mondo che possa trasformare un asino in un Autore. È un miracolo che non si ottiene compulsando n ricettari, + n formulari, + n abbecedari, poiché partecipa di un quid fatato, mélange di buone letture, DNA, intelligenza e colpi di culo in serie, come li chiamerebbe un camionista. Un Miracolo, se ci va invece di parlare come quelli che credono alle cose invisibili, e quindi figuriamoci se il miracolo può mai essere un garantitissimo orcio d’oro alla fine della sommatoria n + n + n, detta l’arcobaleno dei gonzi. Questa ridicola truffa lasciamola alle scuole e ai corsi di “formazione”, che a pagamento dicono ai ragazzi “A Noi i vostri Soldini, a Voi le Belle Illusioni”.

Siccome però, per tornare ai miei poveri fumettari dell’inizio, una cosa che mi balzava agli occhi durante quegli incontri era la loro evidente difficoltà nel realizzare un’impresa, il Racconto a Fumetti, che a me pareva invece di una semplicità elementare, ecco la ragione di questo Manuale per l’Arte Bimba.

Sotto lo choc di quei ricordi, di quelle facce furbe e litigiose e suscettibili, di quelle matite sbocconcellate, di quei fogli sciupati, di quegli inganni, di quei Grandi Autori scopiazzati, mi sono imposto una serie d’Impossible Missions:

– spiegare perché i brocchi pensano che fare fumetti sia facile, e quanto in realtà si sbaglino.

– spiegare quanto fare fumetti sia facile, se si sta calmi e non si pompa lo sterno, e se si hanno più di trent’anni.

– soprattutto vedere se è possibile sollevare il peso specifico, in genere clamorosamente basso, di un’attività artistica a torto ritenuta minore, e che è in realtà uno dei tanti lemmi della Grande Enciclopedia della Comunicazione. L’Arte Bimba lo esige.

– dimostrare quanto sia divertente il raccontare E disegnare.

– causare angustie a chi rifiuterà di ascoltare e porre in opera i miei Insegnamenti.

Quando l’Arte Bimba comanda, l’Unto va e fa.

Luce da Luce.

Un’ultima avvertenza. Esistono molti ottimi Manuali ed Enciclopedie del Fumetto, alcuni veramente esemplari. Ma in genere sono omnicomprensivi, non prendono parte, non fanno tifo, operano distinzioni quantitative e mai qualitative, non promuovono e soprattutto, percaritàdiddio, non bocciano: non si sa mai da chi può venire il prossimo stipendio.

Poi ci sono le antologie, le ricerche, gli studi. Per molte emittenti di fumo un autore vale l’altro, una storia vale l’altra, una casa editrice vale l’altra. L’unico criterio riguarda il carico dei fumetti prodotti in Italia, e in Francia, e negli Stati Uniti, e in Giappone, e più un fumogeno è esaustivo nella propria ricerca da scoiattolino, più riscuote credibilità e committenze. Nessuno, fateci caso, scrive mai TinTin è stranoioso, la Marvel inquina, l’Uomo Ragno è appiccicoso, Diabolik è per le serve, Tex è ridicolo, i giappi sono pazzi.

Tanto, si sottolinea senza dirlo, stiamo parlando di fumetti, chi se ne frega, la gente manda giù di tutto.

Non è così. E qui, l’avrete notato, si fa un tifo da manicomio.

Questo è un Manuale Partigiano (MP).

Avete inteso che fu detto

Io invece vi Dico.

ante-prima parte di varie anteprime: pag 108-113


SPAVENTARE UN GIOVANE GENIO

Il mistero che circonda l’Autore di Fumetti continua ad affascinarmi fin dagli anni della mia Bimbosità quando, come ho appena raccontato, sguazzavo tra i giornalini ufficiali e giornalini fatti da me. Ma paradossalmente, quanto più familiari mi diventavano, con l’andar degli anni, e sul piano più strettamente professionale, gli aspetti tecnici del Fumettare – come reggere le matite, come scrivere le battute, con chi spendere ai parties la frase “i tòpoi narrativi” – tanto meno avevo la percezione di cogliere l’essenza dell’Arte Bimba, un’arte fra le più elusive.

Come spiegare il fatto che un tizio, dotato di mano destra e cinque dita come tutti, nutrito da una cultura personale non poi così diversa da quella degli altri, riesca a far sì che i suoi segni arrivino a produrre uno “spettacolo” finale non confrontabile con quello della concorrenza? Che cos’è questo fattore F, che cosa c’è nella personalità di un Autore che permette solo a lui di ipnotizzare e costringere mille altre persone – molte delle quali, sul piano della cultura o anche solo della conoscenza di come funzioni il mondo, possono perfino essere migliori, dissentire dalle sue interpretazioni, arrivare a detestarlo – a sottomettersi alla sua sequenza di vignette?

Dopo anni di riflessioni, e conversazioni, e litigi con chiunque, anni che mi hanno portato a studiare le facce e le tavole di centomila autori, giovani, negati, stracotti, famosi, dimenticati, idolatrati, inutili, ho scoperto che la natura dell’Arte Bimba rimane un mistero perfino per chi la pratica.

Alcuni suoi aspetti non attingono per nulla al trascendente, e sono facili da spiegare. Ad esempio il fatto che l’Autore rivesta assieme i due ruoli di interprete delle proprie menate e di tecnico consumato. Come interprete deve farsi un’idea precisa del significato spirituale, quasi musicale, di ciò che si accinge a raccontare, e acquisire preventivamente un’immagine mentale, e disegnabile, dei lampi e delle pulsioni che gli si agitano al cavallo, o nella parte rettiliana del cervello, o altrove. La qualità del suo talento narrativo, la personalità, la profondità (o mancanza di profondità) ed il valore come essere umano avranno grande influenza sulla sua capacità di divinare le tracce da seguire col pennello Kolinsky sul suo Fabriano F4 liscio. Inoltre, da tecnico, sa che disegnare una storia significa servirsi di un linguaggio inesatto ed ambiguo, e perfino le istruzioni che fornirà al lettore – didascalie, inquadrature, colori – saranno soggette all’interpretazione di una mente il più delle volte molto diversa dalla sua.

L’Arte Bimba è un’arte della comunicazione che si è data le proprie leggi e leggine da più di un secolo, ormai, ma a dispetto di ciò continua a non avere criteri di valutazione oggettivi: tutto dipende dalla sensibilità ed intelligenza addirittura “politiche” dell’Autore, ma anche dalla sua gittata sistolica, dalla sua clearance renale, dagli avvisi della sua banca e da quelli di sua moglie, se proprio vogliamo parlare di un corno solo del problema Comunicazione, e far finta che queste cose nel Lettore non esistano o non contino.

Come tecnico, una volta organizzatosi mentalmente il lavoro, l’Autore passa alla graduale orchestrazione dei propri strumenti, un algoritmo che s’inizia col far la punta alla matita e termina con l’incasso dell’assegno. Alcuni impiegano bene questi momenti, altri meno: alcuni vestono il severo saio del trappista, altri si ingorilliscono a colpi di chilum o si sparano streppe, per distrarre e calmare il leone poetico ch’entro gli ruglia e gli ruglia, ma che adesso produce solo un’indebita agitazione cerebrale. Altri, e tra questi i più grandi, e tra i più grandi Io, lasciano volutamente qualcosa d’intentato e di estemporaneo, una voluta ricerca di creazione automatica ai fini dello show vero e proprio. Qualunque sia il modo di affrontare il bianco del foglio, questo brusìo di accordature è facile da comprendere, è tangibile. Tranne una cosa: appena un disegnatore mette piede sul podio della pagina stampata s’accorge, si deve accorgere, se non è un peone da Lancio Story o uno schiavo delle catene produttive bonellian/marvelliane, che adesso il discorso non è più il soliloquio condotto fino a quel momento con un severissimo Se Stesso, ma è diventato un comizio impartito a migliaia di altri da lui, innocenti che di lui non sanno una sega e nemmeno vogliono saperla: i Lettori, i quali per lo più avvertono a pelle se hanno di fronte un asino o un Genio. La valutazione del suo spessore è fatta già alle prime battute dell’occhio. Che cosa? Che COSA? Prima il cognome poi il nome? Mmm… O: maccheccazzo, uno pseudonimo? Grrr… Il debutto di un giovane Bimbo, a volte anche solo alcuni ignobili particolari di quel debutto, sono più che sufficienti a determinare se le storie che forse seguiterà a fornirci varranno la pena o no.

È questo il momento in cui il Creatore di Pupazzi entra per la prima volta in contatto, in forma attenuata e indiretta, col misterioso fattore F, così importante al momento dell’esecuzione al tavolo da disegno, allorchè le sue Sacre Menate sono trasmesse ai fedeli tramite canali che travalicano i limiti della tecnica, difficili da definire e individuare. È una sorta di fluido mesmerico, e le capacità che ha un reale Tusitala delle vignette di proiettare la propria personalità in chi lo insegue sulle pagine delle riviste è la componente più notevole della complessa alchimia che ne forma la natura. Tutto si può imparare, da quanto è ricattabile un Editore al come farsi invitare spesati ad una estemporanea in piazza, ma questo no, e ogni volta che qualche nuovo si fa stampare posso stabilire al volo la gradazione della sua empatia. Qui in realtà sono i cromosomi che parlano, ed è perciò che in definitiva i poveri, deboli passerotti senza pudore del guardatemi-consideratemi-anch’io-dico-e-disegno sono innocenti, seppur da crocifiggere.

Diversi Autori, parlando con Me e di Me, hanno individuato alcune altre qualità necessarie per essere credibili, non sputabili e non dimenticabili, ma credo di poter sostenere al banco di qualsiasi bar che sono qualità secondarissime di fronte all’abilità innata di trasmettere se stessi attraverso l’Arte Bimba.

E non bastano il saper trattare con la gente dell’editoria (psicologia, psichiatria, tatto, diplomazia, stomaco peloso e Valium a sacchetti), o l’avere considerevoli doti di battere la propria grancassa e programmare la propria carriera, o sagacemente predisporre le tournées in altre riviste, e le foto, e le apparizioni pubbliche, e le interviste televisive a domicilio con la brava libreria di casa alle spalle, e i siti web, e i forum dei dementi, o coltivare e allargare le personali curiosità extra fumetto. Deve avere una lupesca (o leonina?) voglia e capacità di leadership, una totale e imperativa mancanza di modestia, riserve infinite di fiducia in se stesso per potere infondere fiducia in chi lo legge o vuole imparare da lui, e delinquenziale volontà d’imporre la propria interpretazione dell’universo a centinaia di migliaia di esseri di questo pianeta. E se no, per che cosa si è nati?

Peraltro nessuno sarà mai un grande Narratore Coi Pupazzi, un Grande Bimbo, se la forza della sua personalità non s’accompagnerà ad intenzioni serie nei confronti del lettore, il quale non va troiescamente servito, guai, ma dimessamente, sottilmente plagiato per salvarlo e guarirlo dal terribile grumo di pigne che gli albergano in testa, sempre, si badi bene, per esclusiva colpa sua o al massimo dei genitori, cose che, come ho spiegato all’inizio del Manuale, hanno fatto di tutto per ostacolare La Cosa, la F.

Lo si deve plagiare per amore, non per superbia – be’, magari un po’ sì, usiamone, o i pippibaudi del fumetto rialzeranno la testa – e certo non per la costrizione di un contratto da onorare, di un’immagine pubblica da mantenere sempre e comunque, o per il vago sentore di giovani lupi alla moda che urgono alle spalle. L’incontro-fusione-confluire di identità Autore-Lettore affonda le radici ancora una volta nel Mistero della Creazione Bimba, e quando accade, evento raro della cui rarità è conscio proprio chi da genio sforna a ripetizione storie e scarabocchini, quando accade è la Grazia che tocca Lettore ed Autore ad un tempo. Sono momenti che si invocano, che si aspettano; hai un bello studiarli a tavolino, ma non puoi chiamarli a te come uno stuolo di cameriere. Ti devi solo preparare al loro arrivo, come per i Marziani. Arriveranno? Non arriveranno? Tu intanto be prepared.

Ora, qual è il dramma in Italia?

L’Autore deve guadagnare le proprie libertà acquisendo maestria nel disegno e nella scrittura, prima studiando tanto, in secondo luogo con l’esperienza e l’esercizio continuo. In questo libro lo dirò cento volte almeno. Tuttavia, uno dei tristi paradossi di questi ultimi vent’anni, in cui cinema, televisione, fumetto ed elettronica hanno rimpinzato di segni e di sogni chiunque sia vissuto fuori da una cantina, è che mentre questo mitragliamento, a volte subliminale, ha prodotto una generazione di giovani fumettari, uno o due dei quali addirittura virtuosi, segnati da una maestria tecnica e da una chiarezza di segno davvero splendide, tutti questi doni sono stati elargiti dal Moderno Mondo a spese, in misura addirittura punitiva, del generale livello di intelligenza fumettistica, drammaticamente scaduta. Lo posso ben dire io, discosto di una o due generazioni dai “nuovi virtuosi”, e quindi in grado di individuare pregi e difetti loro, e dei mentecatti che hanno preceduto me.

Perché tanta bravura cavalca tanto declino?

Troppa fretta, ecco. Invece di poter apprendere la loro arte e fare i loro esperimenti e i loro benedetti errori in un relativo isolamento, i fumettari nuovi-nuovi si buttano in alto mare molto prima di imparare che non è obbligatorio nuotare all’americana o alla giapanììz. Per non parlare delle industrie della moda e della pubblicità – anzi, dell’industria e stop – che, da sempre a secco di idee, uncinano al volo il giovane totano, ubriacandolo in acque troppo ricche di ossigeno scemo.

La fasulla democrazia del Web per Chiunque, poi, fatte fuori le forche caudine dei comitati di redazione e degli editori, consente veramente a chiunque di avanzarsi on air con le proprie stronzate, sì che negli esempi migliori assistiamo ad una acneica isteria propositiva, una pura voglia di fare che immiserisce le indubbie potenzialità di cervelli che avrebbero sol da guadagnare ad essere lasciati in pace, liberi di gemmare e rinforzarsi piano, al buio e nella paglia.

È vero che c’è un inizio per ogni cosa, e che quindi prima o poi il giovane virtuoso dovrà pure cimentarsi con la parola “FINE” in fondo alla sua settima tavola, ma questo dovrebbe avvenire idealmente sulla più piccola fanzine di provincia, e solo se il giovane Genio ha dedicato abbastanza tempo a riflettere su di sè, ad assorbire non solo le figate dei Maestri arrivati, ma quanto di cultura, di odi, bulloni nel culo e di passioni possa giacere, eternamente rosso e fragrante, indimenticato, dietro quelle figate e quell’arrivo.

Oggi gli scolari usano fare le proprie esercitazioni e i propri compiti in faccia al pubblico, a sue spese e senza vergogna. Anche gli editori piangono, e spesso pagano con la gogna della chiusura, ma se la sono cercata.

L’insidia è che il podio, cioè la gloria del cumulo di pagine cartacee o elettroniche da sventolare in giro, che dovrebbero essere considerate come uno strumento utile per farsi giudicare, può diventare un podio mentale, il posto regalatoci dagli astri per giudicare il mondo. È una botola in cui son caduti troppi: pochi ne sono usciti, molti vi sono ben dentro, una ristretta cerchia di eletti l’ha evitata, ed Io la descrivo agli altri. Luce da Luce.

Nel piccolo mondo asfittico del fumetto l’Ingiustizia non esiste, e chi non si vuol redimere crepi garrotato dalla propria sfiga. Lo dico apposta, sapete: spaventare un giovane Genio significa salvare il giovane Genio.