06 giugno 2006

Intervista prima parte (di molte)

BAZZANI - Buondì Maestro, sempre felice di vederLa. Dormito bene? Buono il panettone? Bene. Tralasciamo i convenevoli, e veniamo subito alla brasiliana Conrad Editora, che ha appena pubblicato La Dalia Azzurra (A Dalia Azùr). Come mai? Dopo le tue sortite in Francia, Spagna, Grecia, quelle di Liberatore, di Pazienza e in generale dei materiali di Frigidaire (pubblicati in Europa e altrove), è lecito paragonare la fucina di Cannibale a via Panisperna?

SCÒZZARI – Si, più o meno. Ci sono contorte somiglianze, in effetti. Quella fisica italiana gemmò, produsse frutti, annientò i giappi, portò a Three Mile Island e a Cernobyl e alla TAC, agli anelli chilometrici divora svanziche, ai bosoni W+ e W- del truffolo Rubbia, alle caverne magnasoldi di quel poveretto di Zizizizichinino. Per dirne poche. La ricerca italiana sul nuovo fumetto di per se’ non condusse a disastri simili, che invece si produssero proprio per non aver tenuto da conto le sue lezioni. Dal momentum frigideriano, un impulso tachionico duranto peraltro 25 anni, una generazione, ma foriero di scoperte e progressi veri solo per pochi singoli o sparute tribù di adoratori/epigoni, da quella scintilla si è arrivati a Magico Vento, alle Witches, and so on and so on… Una Cernobyl dell’idiozia e dell’industria fumettica, che impesterà per diecimila secoli le testine dei compratori. Ehm. Con molte meno pippe e meno parole, i nostri nonni dicevano che la moneta cattiva scaccia la buona. Alcuni deprivati, tipo Jori, quando collaborano alle tesi di laureandi ancor più scemi di loro, tendono a dar la colpa alla moneta buona. Ti rendi conto? E’ colpa mia se adesso in edicola c’è…. be’, vabbe’.
Per venire al Brasile, la Conrad ed io ci siamo incontrati solo perché a capo delle iniziative sui fumetti di quell’editore si trova Rogério Campos, un frigideriano illuminato della prima ora, che mi ha voluto premiare per il bene che gli ho fatto quand’era piccolino. Devo dire che ha compiuto proprio un gran lavoro: l’edizione brasiliana, per accuratezza di stampa ed apparati critici, è quasi superiore a quella frigideriana, soprattutto se si pensa che son partiti proprio dalle pagine dell’albo, e non dai miei originali, marciti al di là di ogni possibile tentativo di recupero. Ormai col computer si fa di tutto. Vivo per il momento in cui il pc sparerà anche pompini…

BAZZANI – Hai spesso attaccato i francesi per la poca correttezza nei pagamenti. In realtà, in virtù di vari accordi tra Monsù le Directeur Sparagnà ed alcune riviste europee, opere tue hanno circolato qua e là senza veri contratti d’edizione. Sai per caso quanti tuoi fumetti siano stati pubblicati in Spagna?

SCÒZZARI – No. Ma secondo me, zero. A J. M. Berenguer, il boss di El Vìbora, con tutta l’incredibile merda che ha pubblicato per anni, non sono mai piaciuto. Per quel che riguarda la Francia, riuscii a beccar soldi solo l’unica volta che Luca Staletti, un grande agente, si interessò alle mie cose. Per il resto, brrr…

BAZZANI – Torniamo a casa. Qualche anno fa hai affermato, più o meno: “Oggi bisogna passare alla destra per fare soldi. Essere artisti di destra è bello e conveniente”. Provocazione? Hai in mente qualcuno? Oggi come la pensi?


SCÒZZARI – Non dissi così. Sostenni che la sinistra, ebbra di potenza e prepotenza, occupata in ogni suo più riposto anfratto da satrapi e bidelli, non cagava più nessuno che non facesse parte di nomenklature accreditate. Cani fungibili, li chiamo.Vedi Bobo, e stronzate congeneri. Mi limitavo ad osservare, e si era in tempo di elezioni, un tempo che si protrasse molto a lungo, tra reprise e ribaltoni, che per farsi almeno ascoltare da qualcuno forse era il caso di rivolgersi all’altra tribù di dementi, digiuni di tutto e apparentemente ansiosi di dar retta a chiunque potesse fornire anche solo il fantasma di un grimaldello qualsiasi. Era un momento molto adatto per la ricerca di editori, e podi, e trampolini, e orecchie, vitali per chi vive di pubblicazioni. Solzhenitsyn sapeva bene che razza di roba fosse Stalin, ma voleva anche essere pubblicato. È così che ci fottono, ma è anche così che li fottiamo. E se se ne accorgono, anzi, quando se ne accorgono, ci controfottono. E lì si chiude.
Ad ogni modo, il mio era soprattutto un approccio teorico, una sorta di provocazione: non dimenticavo affatto che una tribù è una tribù, e tutte hanno gli stessi riti, cioè l’identica puzza, da cui non si redimeranno MAI.

BAZZANI – Pensi che la libertà d’essere artisti sia limitata? Esiste una censura aprioristica da parte dell’editore? O per meglio dire, quanti spazi in Italia sono “ristretti” politicamente?

SCÒZZARI – Limitiamoci a parlar di fumetti. In quanto trattati alla stregua di spazzatura per minus habens, e il 95% lo è, sono lasciati liberi. Se per caso debordano in altri ambiti, ricadono nelle stesse pastoie della stampa. Frigidaire insegni.

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